lunedì 13 aprile 2015

Uccp, risultati e prospettive

Sabato 11 aprile nella sala consiliare del Municipio di Borgia c’è stato l‘incontro: “Uccp, risultati e prospettive”. 
Dopo i saluti del sindaco Ing. Domenico Fusto, il dr Ercole Mercuri, coordinatore dell’UCCP di Lamezia, ha esposto i vari modelli di UCCP e gli ottimi risultati della sua UCCP verificati ed attestati dall’AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali),  che ha fatto da modello alle altre sette Uccp nate nell’ASP di Catanzaro. 
Il “Modello Lamezia/Catanzaro”, caratterizzato dalla gestione di sedi, apparecchiature e personale assunto direttamente dai  MMG, attivo 24 ore al giorno, è oggetto di ampi  consensi a livello nazionale, ma c’è il rischio che, proprio in Calabria, venga soppiantato da una modalità che accentra nelle aziende sanitarie la gestione delle UCCP, con utilizzo di proprie sedi e personale  dipendente ASP.
All’incontro è intervenuta l’on. Dalia Nesci che ha parlato dell’assoluta necessità che nella sanità calabrese venga rispettata la legalità e che le risorse della sanità vengano utilizzate nell’interesse dei pazienti/utenti e non, come spesso è accaduto, per fini personali/elettorali.
Il dr Scuteri, coordinatore dell’UCCP Borgia, ha illustrato i miglioramenti apportati nell’organizzazione dell’UCCP Borgia e dal grosso limite rappresentato dalla condivisone di parte del personale amministrativo con il Polo Sanitario Territoriale.
Ha concluso l’incontro la proiezione del cortometraggio: “Uccp Borgia, tra sogno e realtà” realizzato dal fotografo  Salvo Corigliano che ha presentato in modo fantasioso ed ironico la trasformazione dell’Uccp.

mercoledì 1 aprile 2015

TERRITORIO, LA NUOVA FRONTIERA DELLA SANITA’ ITALIANA

La crisi degli ultimi anni ha acuito le difficoltà di sistema, sempre meno posti letto in ospedale con conseguente maggiore emigrazione fuori Regione, al contempo territorio in attesa di trasformazione ingessato tra MMG in attesa e Decisori che non si decidono ad imboccare la via del rinnovamento.
A complicare il quadro che vede da una parte una classe politica senza soldi da investire, dall’altra i medici di famiglia con spese e carichi di lavoro crescenti da sostenere.
La strada maestra è quella che porta alle AFT, alle UCCP ed alle Case della Salute, viste come principale punto di accesso per i cittadini al sistema sanitario. Ma se si vuole ri-organizzare l’assistenza sanitaria nazionale orientandola a strutture territoriali alternative ai pronto soccorso, luoghi fisici precisi con integrazione multi-professionale , in grado di dare risposte concrete senza essere sottoposti alla medicina difensiva, la risposta più adeguata sono le Medicine di Gruppo Avanzate SELF-MADE, cioè non collocate in strutture pubbliche con personale dipendente e fattori di produzione non condizionati dalle logiche del pubblico impiego. Noi medici siamo siamo disponibili a partecipare ai processi di crescita dell’assistenza territoriale, a patto che ci sia la volontà di passare da un paradigma di risparmio tout-court ad uno fondato sugli investimenti, noi investiamo su noi stessi e gli amministratori e la politica devono investire i risparmi prodotti sul territorio inteso come destinazione ultima del valore economico espresso in beni e servizi.
In quest’ottica abbiamo modelli costruiti sulla legislazione in vigore (AFT,UCCP) che numeri alla mano sono stati in grado di produrre significativi risparmi in termini di spesa, raffrontandoli con servizi equivalenti prodotti in modo tradizionale.
Per isorisorse deve intendersi rispendere le somme risparmiate per mettere in condizione di sostenere i costi dei MMG e non di ridipingere le corsie degli ospedali.
E’ giunta l’ora di mettere da parte i differenti punti di vista che dividono le diverse sigle sindacali, abolire le fantasiose iniziative che politici e amministratori sperimentano ciascuno per la sua strada, convergere gli sforzi su di un MODELLO UNICO, variamente articolato in funzione delle diversità dei territori e non dei funzionari.
 Il coordinatore UCCP Studio Michelangelo di Lamezia
 T.  Ercole Mercuri

venerdì 27 marzo 2015

Il buon Ospedale di Vibo Valentia
Un caso raro di tumore GIST

Maschio di anni 72  operato presso l'Ospedale di Vibo Valentia dall'equipe chirurgica diretta da Franco Zappia.
GIST ( tumore stromale gastrointestinale) gastrico -Neoplasia rara (1-5 casi ogni 100.000 persone) -Possono svilupparsi in tutto il tratto gastro-intestinale con maggiore frequenza nello stomaco. -Maggiore incidenza dopo i 50 anni. -Originano dalle cellule interstiziali di Cajal responsabili della motilità intestinale. -Sono di fatto sarcomi dei tessuti molli, ma , a differenza di questi, sono caratterizzati dalla presenza di una mutazione del gene c-KIT -Possono essere a bassa, intermedia e alta malignità. -La terapia è chirurgica se la malattia è localizzata. -Se la malattia è diffusa e nelle recidive, si utilizza un farmaco molto efficace ( efficace nell' 80% dei casi) l' Imatinib. Nel caso in esame il Gist era di basso grado e non erano presenti metastasi. Iconografia di Sergio Pacetti anatomopatologo.


giovedì 19 marzo 2015

Il buon ospedale di Vibo Valentia
Infarto intestinale trattato e risolto

Maschio di anni 53 giunto nella chirurgia dell'Ospedale di Vibo Valentia con un
Infarto dell'intestino tenue ( cm180 ) da occlusione dell'arteria mesenterica superiore.
MACROSCOPICAMENTE , le anse intestinali appaiono di colorito rosso cupo, " feccia di vino " , tumide ed edematose. All' apertura delle anse il lume intestinale appare a contenuto ematico con presenza di coaguli sanguigni.





La mucosa appare necrotico - emorragica.

martedì 13 gennaio 2015

Il dolore toracico in medicina d'urgenza

1. PREMESSA
Il dolore toracico è un sintomo ad elevata incidenza (10% degli accessi in Pronto Soccorso.) e determina il 4% dei ricoveri;
la molteplicità delle cause e la brevità del tempo disponibile rendono impegnativa la diagnosi.
La clinica e l’ECG all’ingresso hanno bassa sensibilità (18-65%) e bassa specificità (69%) per la SCA. Così più del 40% dei pz. viene ricoverato, mentre il 25-50% dei ricoveri potrebbe essere evitato 2-8% dei pz. dimessi presenterà successivamente un IMA
• In questo gruppo di paz. gli eventi fatali raggiungono il 20% a 48h e l’8% ad 1 anno (con mortalità quasi doppia rispetto ai ricoverati)

2. PROTOCOLLI
Il punto nevralgico è determinato dall’area dell’Emergency costituita dalla Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso che rappresenta la prima risposta ospedaliera di Accettazione, Emergenza ed Urgenza e la cerniera fra ospedale, di cui è parte integrante e territorio. E’ necessario quindi formulare protocolli che permettano la individuazione dei pz con sindrome coronarica acuta (SCA); stabilendo un percorso preferenziale con il Medico di Medicina Generale per la continuità dell’assistenza al paziente dimesso dal Pronto Soccorso/OBI, dopo la necessaria osservazione
Il procedimento diagnostico – terapeutico che in ogni situazione utilizziamo e’ associato alla possibilita’ dell’errore: l’errore e’ un prezzo non eliminabile.
Quando trattiamo un qualunque evento patologico sappiamo che l’obiettivo finale viene raggiunto in genere quando tale evento viene fatto cessare e viene abolita o ridotta la possibilita’ che si ripeta.
Il percorso che seguiamo e’:
triage fast track
stabilizzazione
osservazione
AREA DEL TRIAGE
 individuazione dei problemi emergenti in cui il personale infermieristico attribuisce un codice di priorità di accesso degli utenti agli ambulatori
AREA DI OSSERVAZIONE BREVE (12 - 24 ORE)
Reparto di Breve Degenza;Terapia di livello intermedio di Medicina d’Urgenza. precisa vocazione all’accettazione di pazienti provenienti dal Prono Soccorso

3. IL PERCORSO DIAGNOSTICO IN PRONTO SOCCORSO
L’obiettivo clinico principale del percorso diagnostico del paziente con DTA è l’identificazione precoce dell’infarto miocardico acuto per realizzare nel più breve tempo possibile una procedura di rivascolarizzazione , sia essa trombolisi, angioplastica o by-pass, in ambiente cardiologico intensivo Questi i passaggi:
- Identificazione prioritaria della sindrome coronarica acuta con sopraslivellamento del tratto ST (SCACSST) cui corrisponde lesione miocardica transmurale secondaria ad ischemia grave e quindi generalmente il quadro clinico dell’IMA il cui trattamento deve essere realizzato secondo le linee- guida specifiche
- La discriminazione della Sindrome Coronarica Acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (SCASSST) dalle altre cause critiche (Dissecazione aortica, Pneumotorace, Embolia Polmonare, Pericardite con Tamponamento….). Questa discriminazione ha una immediata ricaduta sulla prima scelta di referral(chirurgia, pneumologia, cardiologia ecc.) e sui tempi di intervento sul paziente.
- L’assegnazione di probabilità alla SCA relativamente ad altre condizioni, basata essenzialmente sul dolore, l’esame clinico e l’elettrocardiogramma. L’assegnazione di probabilità di SCA ha come ricaduta una successiva scelta di referral dove un valore alto indirizza immediatamente al ricovero, un valore intermediobasso orienta al trattenimento del paziente in “Osservazione Breve” nel Dipartimento di Emergenza ed un valore bassissimo orienta al rinvio a domicilio del paziente o ricerca di altre cause.
- L’assegnazione del rischio di SCA basato secondo la Carta Italiana del Rischio Cardiovascolare sui fattori di rischio coronarico (età, sesso, fumo, Pressione Arteriosa, colesterolemia, diabete) e inoltre sui precedenti anamnestici di malattia cardio-vascolare del paziente. La valutazione del rischio di questo evento ha come ricaduta la tipologia e la tempistica dell’intervento diagnostico.
- Una valutazione iniziale e successive rivalutazioni allo scopo di meglio definire la probabilità di SCA e il rischio di evento, in cui la SCA può evolvere (Decesso, Infarto Miocardico Acuto, Angina Instabile ecc.), inteso come possibilità quantificata che quell’evento si verifichi entro una finestra temporale predefinita.
3.1. La valutazione del paziente all’ingresso in Pronto Soccorso
DoloreToracico Acuto:
è Qualsiasi dolore localizzato nella regione compresa tra il naso e l’ombelico o sintomo
“equivalente” insorto nelle 24 ore precedenti l’osservazione in Pronto Soccorso, regredito o in
atto,non riferibile a trauma pregresso o a ad altra causa non cardiovascolare immediatamente identificabile e potenzialmente secondario ad una possibile Sindrome Coronarica Acuta (SCA)
Presentazione di Angina Instabile (AI)
Angina a riposo Insorgente a riposo e/o prolungata (=> 20')
Angina recente Insorta da < 2 mesi e almeno in III° CCS
Angina ingravescente
Angina non recente aggravata per frequenza, > durata, < soglia
Il triage infermieristico
Definizione di dolore tipico, atipico o dubbio/probabile:
E’ comunque importante considerare che la atipicità del dolore non consente da sola di escludere completamente la possibilità di una SCA: ischemia è stata
dimostrata nel 22% di pazienti con dolore penetrante, nel 13 % con dolore di tipo pleurico, nel 7 % con dolore riproducibile con la palpazione (ACC/AHA ).
I pazienti che si presentano con le seguenti caratteristiche devono ricevere un trattamento in “CODICE ROSSO”
Dispnea grave
Pallore cutaneo con sudorazione algida
Alterazioni dello stato di coscienza (anche se riferite)
FC <50 oppure=""> 120 -PAS < = 90 mmHG
-I pazienti identificati con “CODICE ROSSO” devono avere accesso immediato all’ambulatorio di emergenza e deve essere assicurato:
- 1 o 2 linee venose di medio-grosso calibro con prelievo ematico
- Monitoraggio ECG e parametri vitali
- Somministrazione di O2 ad alto flusso eventualmente preceduta da EGA
- ECG a 12 derivazioni
- Somministrazione di ASA, salvo controindicazioni (Clinical Evidence: nei pazienti con IMA l’aspirina riduce la mortalità, reinfarction e ictus. Il dosaggio ottimale è di 160-325 mg in acuto.
-Le raccomandazioni terapeutiche in letteratura sono:
- in caso di ECG con sopraslivellamento del tratto ST iniziare riperfusione entro 1 ora
- in caso di ECG con sottoslivellamento ST iniziare terapia secondo linee-guida.
Un ecocardiogramma deve essere eseguito in tutti i pazienti con fondato sospetto di Scompenso Cardiaco.
-I pazienti che si presentano con le seguenti caratteristiche devono ricevere un
trattamento in “CODICE GIALLO” :
Qualsiasi dolore localizzato nella regione compresa tra il naso e l’ombelico o
sintomo equivalente insorto nelle 24 ore precedenti l’osservazione in Pronto
Soccorso, regredito o in atto, non riferibile a trauma pregresso o ad altra causa non
cardiovascolare immediatamente identificabile e potenzialmente secondario ad una
possibile sindrome coronaria acuta (SCA)
-I pazienti identificati con “CODICE GIALLO” devono essere sottoposti ad ECG
entro 10 minuti dall’arrivo in Pronto Soccorso.
Per questi pazienti occorre stabilire entro 30 minuti la probabilità di SCA
tramite l’anamnesi, l’esame clinico e l’elettrocardiogramma.
3.2. La valutazione della probabilità di Sindrome Coronarica Acuta (SCA) e l’OBI
Con i criteri clinici è possibile produrre una prima stima della probabilità di Sindrome Coronarica Acuta in atto che nelle nostre strutture è generalmente di tipo qualitativo, mentre negli USA vengono utilizzati algoritmi clinici computerizzati quantitativi che hanno dimostrato un buon valore predittivo di Infarto Miocardico Acuto e di complicanze.
L’iter diagnostico della SCA tiene conto della probabilità (bassissima, bassa, intermedia, alta) basata sul livello di rischio di malattia coronarica come documentato dalla Carta Italiana del Rischio Cardiovascolare nonché sulle caratteristiche del dolore, dell’esame clinico e dell’elettrocardiogramma. I pazienti ad alta probabilità vengono immediatamente ricoverati, quelli a bassissima probabilità vengono dimessi o inviati ad altre valutazioni specifiche, quelli a probabilità bassa o intermedia avviati all’osservazione breve in Pronto Soccorso (OBI). I pazienti a rischio più alto sono quelli con dolore toracico a riposo prolungato (>20’) nelle ultime 24 ore, segni di scompenso cardiaco, ipotensione, età ³ 70 anni, alterazioni transitorie del tratto ST, aritmie ventricolari, nuova comparsa di blocco di branca sinistro .
La raccolta anamnestica deve essere diretta ad accertare la presenza o meno di una Malattia Coronaria documentata in precedenza e quindi la presenza dei 3 elementi correlabili alla MC che in ordine di importanza sono i seguenti: caratteristiche del dolore, storia di malattia coronarica preesistente, numero dei tradizionali maggiori fattori di rischio coronarico.
Si intende per familiarità per infarto miocardio precoce, la presenza di infarto nel padre o nel fratello prima dei 55 anni di età ovvero ovvero nella madre o nella sorella prima dei 65 anni di età.
L’esame clinico nel paziente con sospetta SCA deve mirare ad identificare gli elementi che possono predire una evoluzione negativa ad iniziare dalla valutazione delle funzioni vitali e dalla rilevazione dei parametri (pressione arteriosa omerale bilaterale, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura, saturazione di O2) passando successivamente ai polsi arteriosi periferici e all’esame del torace e dei quadranti superiori dell’addome. Nel corso della ascoltazione la presenza di terzo tono realizzante un galoppo e di soffio da reflusso mitralico (soprattutto se non precedentemente evidenziati) o di rantoli polmonari depone per una ischemia miocardia severa. Anomalie dei polsi periferici suggestive per vasculopatia rendono più probabile il rischio di MC.
Lo shock cardiogeno è una complicanza che si verifica nel 5% delle SCA con una mortalità > 60%, per questo la ipotensione con segni obiettivi di ipoperfusione periferica costituisce una emergenza clinica in ogni SCA
Quando possibile è fondamentale il confronto con ECG precedenti.
Un ECG “normale” non esclude con sicurezza una ischemia miocardia
3.3. L’Osservazione Breve
I pazienti con dolore toracico a probabilità intermedia-bassa (vengono esclusi quelli a probabilità bassissima) devono essere sottoposti a un periodo di osservazione breve (6-12 ore) con esecuzione seriata di ECG e dosaggi dei marcatori di lesione cardiaca
In generale i criteri clinici da soli, spesso, non sono sufficienti per dimettere i pazienti (salvo quelli a bassissima probabilità) ma sono utili come criterio di stratificazione del rischio, per indicare il livello assistenziale appropriato e soprattutto come indicazione ad eseguire ulteriori test.
Nella routine clinica si rendono spesso necessarie ulteriori informazioni che derivano principalmente dal dosaggio dei markers più sensibili e specifici e da un breve periodo di osservazione in Pronto Soccorso, utilizzando protocolli operativi standardizzati che consentano la rapida dimissione dei pazienti a basso rischio.
In questo contesto bisogna avere presente che tutti i test applicati ad una popolazione mediamente a basso rischio, quale è quella che si presenta in pronto Soccorso con dolore toracico ed ECG non diagnostico, hanno scarso valore predittivo, con possibilità di “ falsi positivi” e di ricorso ad ulteriori indagini non necessarie. Inoltre non tutti i pazienti con dolore toracico devono essere trattenuti in osservazione e non a tutti devono essere dosati i markers.
L’osservazione in Pronto Soccorso dei pazienti a probabilità di SCA bassa o intermedia deve avvenire in un ambiente attrezzato per la gestione della emergenza cardiovascolare e deve prevedere una sorveglianza infermieristica continua.
L’osservazione breve in Pronto Soccorso non deve superare le 12 ore.
Rilevazioni da effettuare durante l’osservazione:
·         Parametri vitali
·         Monitoraggio dei markers ogni 4 ore (minimo due rilevazioni)
·         troponina
·         Mioglobina
·         Monitoraggio ECG per ritmo e tratto ST o registrazione dell’ECG a 12 derivazioni
in concomitanza con i prelievi ematici o in occasione di variazioni cliniche significative
Terapia da somministrare durante l’osservazione:
ASA nei pazienti ad alta probabilità di SCA
Nitrati S.L. a scopo diagnostico
La documentazione di un significativo incremento dei markers cardiaci nel contesto documentato o sospetto di SCA è indicazione al ricovero.
L’Osservazione Breve costituisce il nodo cruciale dell’approccio diagnostico e prevede interventi sia di tipo organizzativo gestionale sia in termini di reperimento e aggiornamento delle competenze necessarie.
Al termine dell’Osservazione Breve in Pronto Soccorso il paziente deve essere rivalutato per eventuale ricovero o rinvio a domicilio. Di seguito è riportata la tabella sulle possibili destinazioni del paziente rispetto agli esiti dell’osservazione in Pronto Soccorso.
La Medicina d’Urgenza è il complesso di attività intraospedaliere che garantisce:
o il primo e rapido inquadramento diagnostico per l’identificazione della patologia acuta…...
o l’adozione dei primi provvedimenti terapeutici per la stabilizzazione del paziente critico
o il tempestivo ed appropriato coinvolgimento degli specialisti delle varie discipline, ed in particolare di quelli che afferiscono al Dipartimento di Emergenza/Urgenza ed Accettazione
o la selezione dei pazienti che necessitano di ricovero, ivi comprese le urgenze“sociali”
o le attività da svolgersi in regime di ricovero per la per la gestione di pazienti ad alto grado di complessità e (relativamente) a basso grado di criticità
 In sostanza
o qualità delle cure d’urgenza in modo continuo omogeneo e capillare: la cosiddetta “medicina della prima ora”
o utilizzo appropriato del ricovero in Ospedale, con attenzione agli aspetti beneficio/rischio e beneficio/costo


o PERCORSO ASSISTENZIALE SECONDO UN APPROCCIO SPECIALISTICO 
1) SCA assente1) probabilità di malattia coronarica bassa (indice assoluto inferiore a 10 della Carta Italiana del Rischio Cardiovascolare), dolore non tipico regredito oppure alta probabilità di causa extracardiaca, marker negativi, ecg normale o invariato rispetto ai precedenti: dimissione con relazione al medico curante.
2) SCA assente, Malattia Cardiovascolare nota oppure probabilità intermedia-elevata di Malattia Coronaria (indice assoluto > 10 ) e dolore non tipico regredito, marker negativi, ecg normale o invariato rispetto ai precedenti => deve essere eseguito, previa valutazione del cardiologo, in fase di dimissione o programmato nel più breve tempo possibile un test provocativo; il paziente è inviato al curante con relazione.
3) SCA assente, indipendentemente dall’indice assoluto nella Carta Italiana del Rischio Cardiovascolare, dolore tipico regredito, marker negativi, ecg normale o invariato rispetto ai precedenti => deve essere eseguito, previa valutazione del cardiologo, in fase di dimissione o programmato nel più breve tempo possibile un test provocativo; il paziente è inviato al curante con relazione.
4) SCA assente, anche nei casi con probabilità di Malattia Coronarica elevata (indice assoluto >20) dolore atipico per angina regredito, marker alterati compatibili con danno miocardio minimo o cronico (valori non >10 volte il valore soglia senza documentazione di progressione significativa per necrosi miocardica), ecg già in
precedenza alterato o ancora normale => ricovero in ambiente internistico o cardiologico.
5) SCASSST accertata, dolore regredito o presente, marker significativamente alterati, ecg alterato in senso ischemico => ricovero in Cardiologia o Unità Intensiva Cardiologica.
6) SCACSST e/o instabilità dei parametri vitali di sospetta natura cardiogena => ricovero con urgenza in Unità Intensiva Cardiologia in ogni momento del Triage.
DEA Triage Codice rosso Codice verde Codice giallo Evento: sospetto IMA Interventi salva vita ECG Mioglobina Troponina Consulenza cardiologica + Trombolisi + Angioplastica primaria + UTIC Medicina d’Urgenza - Dimissione Osservazione Valutazione clinica Ricovero
4. CONCLUSIONI
L’Osservazione Breve permette di conseguire due obiettivi:
1. Evitare i ricoveri inutili = danno economico
2. Evitare le dimissioni pericolose = danno sociale
L’efficacia della trombolisi e la prognosi a breve e lungo termine dei pazienti affetti da IMA con áST, sono legate alla precocità del trattamento.
L’obiettivo primario del Pronto Soccorso Medicina d’Urgenza è la riduzione del tempo “door-to-needle”.
L’organizzazione della Medicina d’Urgenza deve essere orientata al raggiungimento di tale obiettivo primario.
Esiste il problema di una definizione nosografica adeguata e di un percorso diagnostico-strumentale per l’IMA ad ECG normale.
E’ necessario, infine, formulare protocolli che permettano di stabilire un percorso preferenziale
con il Medico di Medicina Generale per la continuità dell’assistenza al paziente dimesso dal
Pronto Soccorso/OBI, dopo la necessaria osservazione (continuum clinico).



venerdì 28 novembre 2014

LE EMORRAGIE DIGESTIVE


In Letteratura viene stimata una loro incidenza pari a 150 nuovi ricoveri ospedalieri per anno ogni 100.000 abitanti. Tale incidenza è sovrapponibile a quanto riscontrato nel nostro territorio se sommiamo ai numeri della nostra casistica endoscopica d’urgenza (circa 100 per anno) il numero dei pazienti che vengono ricoverati per emorragia minore ed osservati endoscopicamente, in un secondo tempo, in elezione.
Schematicamente le emorragie digestive (ED) vengono classificate in “alte” e “basse”: sono comprese nelle prime tutte le emorragie aventi origine dall’esofago, stomaco e duodeno fino all’angolo duodeno digiunale (Treitz); le “basse” hanno origine da lesioni localizzate dal Treitz all’ano. A loro volta le ED alte vengono distinte in ”varicose” e “non varicose” secondo l’origine del sanguinamento: se da varici esofagee o gastriche, oppure da altre lesioni.
Generalmente le ED “alte” si presentano con un sanguinamento definito “alto” comprendente le seguenti manifestazioni anche contemporanee o in immediata successione: l’ematemesi cioè l’emissione con il meccanismo del vomito di sangue rutilante o rosso scuro; il vomito caffeano altro non è che l’emissione con il vomito di contenuto gastrico contaminato da sangue a tipo ”posa di caffè”; la melena e cioè l’emissione di feci formate, ma più spesso liquide o semiliquide, di colorito nero “piceo” e fetide.
Le ED “basse” si presentano con un sanguinamento definito “intermedio” o “basso”. L’”intermedio” comprende la melena e la ematochezia. Quest’ultima è l’ emissione di sangue rosso vivo o rosso vinoso misto a feci, emissione di coaguli o di diarrea francamente sanguinolenta.
Il sanguinamento ”basso” comprende la ematochezia, la proctorragia o rettorragia e cioè l’emissione di sangue rosso vivo non commisto alle feci ma localizzato al loro esterno, oppure l’ emissione di solo sangue rosso vivo, senza feci. La proctorragia ha comunque sempre origine da una lesione localizzata nei segmenti colici distali di sinistra e nel retto.
E’ purtroppo però vero che tale distinzione didattica non sempre corrisponde alla precisa localizzazione della sede di lesione causa di emorragia, in quanto le caratteristiche del sangue espulso con il vomito o con la defecazione possono essere modificate anche da altri fattori quali: la entità e la velocità con cui avviene l’ emorragia, ed il differente tempo di transito o di ristagno all’interno del lume dell’apparato digerente.
La positività del test del sangue occulto fecale (senza sangue visibile) si ha per sanguinamenti cronici o di modesta entità e non indica assolutamente la causa e la sede della perdita ematica.
Nel Triage delle ED alte non varicose vengono contemplati fattori “Predittori di Sanguinamento” e fattori “Predittori di Mortalità” . Pur senza entrare in particolari specialistici o squisitamente tecnici è possibile sottolineare i seguenti.
Predittori di sanguinamento” di una ulcera sono: le dimensioni superiori ai 20 mm; la sede (quelle localizzate sulla piccola curva gastrica, alle pareti superiori ed inferiori del bulbo duodenale sono in stretta contiguità con vascolarizzazioni importanti, quindi a maggior rischio emorragico); la presenza, all’atto endoscopico diagnostico, di un attivo sanguinamento “a getto” od “a nappo”; la presenza sul fondo dell’ulcera di un vaso visibile non sanguinante; la presenza di un coagulo adeso alla base dell’ulcera.
Predittori di mortalità” per un sanguinamento alto non varicoso sono: l’età avanzata del paziente; la presenza di comorbidità (valutate e schematizzate nella classificazione del rischio dell’American Society of Anesthesiology); la instabilità emodinamica, anche per comparsa di anemia acuta; la presenza di una ematemesi rosso vivo; ed infine la quantità di trasfusioni necessarie a mantenere il compenso emodinamico e correggere l’anemia acuta.
Fattori di rischio per le ED alte varicose (una emorragia da varici compare nel 20 % dei pazienti entro due anni dalla prima diagnosi e per questo tipo di emorragia è riportata, in Letteratura, una mortalità compresa fra il 10 ed il 20 %) sono: l’elevata pressione nel sistema portale; la grave compromissione del parenchima epatico (valutata e schematizzata nella classificazione di Child); la presenza di sanguinamento attivo al momento dell’atto endoscopico. In copresenza di questi fattori, o di maggiore gravità di essi, è possibile il fallimento della terapia endoscopica per: inarrestabilità del sanguinamento, ripresa a breve termine del sanguinamento stesso, morte del paziente.
Il Triage delle ED basse non trova, in Letteratura, una standardizzazione pari a quella delle ED alte. Si giudica grave un sanguinamento se: necessarie più di due unità di sangue per compensare l’anemizzazione; è evidente un calo del valore dell’emocromo superiore al 20 %; è rilevata una frequenza cardiaca superiore a 100 bpm; viene misurata una PA sistolica inferiore a 115 mm Hg; è riferita una lipotimia; persiste un sanguinamento durante le prime 4 ore di osservazione ed infine, ma non ultimo quale fattore aggravante, coesiste terapia con ASA o AO.
Nostro scopo però non è solamente quello di schematizzare le cause di ED o valutarne la gravità; anche e principalmente è quello di arrestare l’episodio emorragico onde evitare al paziente un trattamento più aggressivo e/o demolitivo quale quello chirurgico, o la morte.
Nella trattamento delle ED alte non varicose trova giusta collocazione la terapia medica di supporto: l’ infusione di soluzioni cristalloidi e colloidi per mantenere la stabilità del circolo; le trasfusioni per compensare l’anemia; la vit. K in caso di anticoagulazione farmacologia. La terapia medica specifica è oggi costituita dalla somministrazione di IPP ev, in infusione continua, o in boli di 40 mg ogni 8 – 6 ore. Quando l’esofagogastroduodenoscopia ? Sicuramente entro 24 ore dalla comparsa dell’episodio emorragico e comunque a condizioni emodinamiche soddisfacenti anche perché ristabilite.
Nel trattamento delle ED alte varicose trova sempre giusta collocazione la terapia medica di supporto così come dianzi descritta; la terapia medica specifica si avvale dell’uso di antibiotici somministrati per via parenterale (il cirrotico frequentemente va incontro a sepsi anche letale dopo un evento emorragico); e di farmaci vasoattivi quali la terlipressina, la somatostatina e l’octeotride, i quali riducendo il valore pressorio nel territorio splancnico riducono la portata ematica nelle varici e da qui l’emorragia. Quando l’esofagogastroduodenoscopia ? Sicuramente non appena vengono ristabilite condizioni emodinamiche soddisfacenti e comunque entro 12 ore.
Nel trattamento delle ED basse trova ampia collocazione la terapia medica, anche supportata dall’impiego dell’acido tranexamico per via parenterale, perché non esiste un timing condiviso sul momento dell’esecuzione dell’Endoscopia Digestiva. Alcuni Autori suggeriscono di effettuare una preparazione intestinale forzata nell’urgenza (anche attraverso sondino naso-gastrico) e l’esecuzione di colonscopia in corso di emorragia; altri praticano terapia medica in attesa dello stop dell’episodio emorragico per poi praticare la colonscopia in elezione. Noi preferiamo questo secondo atteggiamento seppure alcune rare volte, per emorragie imponenti, abbiamo eseguito la colonscopia in urgenza, senza ricorrere alla preliminare preparazione intestinale.
Volendo elencare le cause di ED, e ricordando sempre la classificazione in “alte” e “basse” possiamo dire che fra le prime, in ordine decrescente per incidenza percentuale, vi sono: l’ulcera duodenale, la gastrite erosiva, l’ulcera gastrica, le varici esofagee o esofago-gastriche, la duodenite erosiva, le neoplasie dell’esofago e dello stomaco. Nelle seconde, nello stesso ordine, vi sono: la diverticolosi colica, le angiodisplasie del colon, le neoplasie benigne e maligne del colon, le malattie infiammatorie croniche intestinali, le coliti post-irradiazione ed infettive, le emorroidi e ragadi anali, le emorragie post-polipectomia endoscopica e post-operatorie. Una lesione particolare, causa di ED alta o bassa perché riscontrabile in qualsiasi segmento dell’apparato digerente, è la “lesione di Dieulafoy”: questa è una anomalia vascolare (arteriola della sottomucosa che affiora alla mucosa lacerandosi) che causa un improvviso ed importante sanguinamento. La peculiarità negativa di questa lesione è la sua irriconoscibilità se non viene identificata in corso di sanguinamento attivo; pertanto in caso di arresto spontaneo (non raro ma spesso recidivante) del sanguinamento si potrebbe avere una endoscopia positiva per presenza di sangue in cavità ma negativa circa la causa.
Ebbene, qual’e il ruolo dell’Endoscopia Digestiva nel management delle ED? Fino qualche tempo fa, non molto lontano, l’endoscopia aveva un ruolo puramente diagnostico e spesso veniva praticata ad avvenuto arresto dell’emorragia, finalizzata al solo riconoscimento della causa. Oggi no! Si intuisce da quanto è stato detto in precedenza a proposito del trattamento dell’ED. L’endoscopia digestiva, nell’emorragia digestiva, ha un ruolo squisitamente terapeutico: riconosciuta la causa di emorragia bisogna che questa sia arrestata. E perciò parliamo di Emostasi Endoscopica.
Quali le tecniche di Emostasi Endoscopica ? ben codificate, esse sono 4: la iniettiva, la termica, la topica e la meccanica.
La tecnica iniettiva si avvale dell’impiego dell’ago da iniezione, questo accessorio è un lungo ago che percorre il canale operativo dell’endoscopio per fuoriuscire all’estremità distale dell’endoscopio stesso. Attraverso questo si possono iniettare intorno alla lesione sanguinante o nel contesto di essa alcuni farmaci. L’adrenalina diluita iniettata in sede perilesionale (ulcera ad esempio) ha un duplice effetto: realizza l’ emostasi per compressione vascolare ma anche farmacologicamente per indotta vasocostrizione arteriolare. Il polidocanolo (atossisclerolo) iniettato nel contesto vascolare e/o perivascolare di una lesione (varice esofagea, ulcera) ha anch’esso effetto compressivo, per sclerosi dei tessuti perivascolari, ma anche obliterativo, sempre per sclerosi, quando iniettato nel lume vascolare. Allo stesso modo agisce il cianoacrilato, il quale iniettato all’interno del vaso della lesione (varice fondo gastrico ad esempio) ne produce la obliterazione solidificando “a stampo”nel lume vascolare.
La terapia termica utilizza l’energia elettrica di coagulazione prodotta da particolari elettrobisturi e viene veicolata da sonde di conduzione che fuoriescono, attraversando il canale operativo, dall’estremità distale dell’endoscopio stesso. Il contatto dell’apice della sonda bipolare, che emette la corrente, con il vaso della lesione (vaso visibile su fondo d’ulcera ad esempio) ne provoca l’obliterazione coagulativa. Negli elettrobisturi di ultima generazione la corrente di coagulazione viene veicolata dal gas argon, sempre mediante tipi di sonde. Quest’ultima tecnica coagulativa, definita Argon Plasma Coagulation, offre il vantaggio dell’assenza di contatto fra sonda e vaso. In pratica il gas argon viene “spruzzato”, e con esso la corrente, sulla lesione provocando coagulazione dei vasi e dei tessuti. Questa tecnica ha praticamente annullato il rischio performativo viscerale presente nelle tecniche da contatto precedentemente impiegate.
La terapia topica, della quale non abbiamo esperienza, consiste nello “spruzzare” colla di fibrina o spray di trombina sulla lesione (fondo d’ulcera ad esempio) al fine di ottenere una emostasi per coagulazione biochimica.
La terapia meccanica fa uso di particolari accessori (clips, band ligator, endoloops) che realizzano l’emostasi con effetto meccanico. Le clips, paragonabili sommariamente alle gaffette utilizzate per spillare dei fogli, vengono fatte scivolare chiuse, alloggiate all’interno di un catetere, dentro il canale operativo dell’endoscopio. Una volta fuoriuscite dall’estremità distale dell’endoscopio vengono aperte come le chele di un granchio e successivamente serrate per chiudere meccanicamente il vaso sanguinante (lesione di Dieulafoy ad esempio). Più complessa è la descrizione di un band ligator e del suo funzionamento: si tratta di una serie di piccoli elastici circolari impilati su un piccolo cilindro che viene a sua volta adattato sull’estremità distale dell’endoscopio. Questi elastici sono manovrabili per mezzo di un cavetto di acciaio che scorre nel canale operativo dell’endoscopio, collegato a sua volta ad una manopola di rilascio innestata sulla parte prossimale del canale operativo. La suzione della lesione sanguinante (varice esofagea abitualmente) all’interno del cilindro ed il rilascio dell’elastico alla base del vaso risucchiato consentono l’emostasi con un meccanismo di strozzamento e quindi di obliterazione del vaso. L’endoloop non è altro che un piccolo cappio che viene introdotto, chiuso all’interno di un piccolo catetere nel canale operativo dell’endoscopio, una volta fuoriuscito dall’estremità distale dell’endoscopio viene disteso, posizionato a circondare la lesione sanguinante (peduncolo di un polipo classicamente), quindi serrato ed infine rilasciato dal catetere. Anche questo accessorio realizza l’emostasi per strangolamento e quindi obliterazione del vaso sanguinante.

La tecniche di emostasi endoscopica possono essere impiegate singolarmente, o in combinazione, nel trattamento di una lesione sanguinante. In Letteratura viene riconosciuto un ottimale effetto emostatico alle tecniche termiche e meccaniche usate singolarmente, in minor misura a quelle iniettive. L’efficacia delle tecniche iniettive viene esaltata dalla combinazione di queste con le tecniche termiche e meccaniche.
 
Dott. Antonio Chirico

Endoscopia Digestiva Diagnostica e Chirurgica - Azienda Sanitaria Provinciale Vibo Valentia